BUGzine recensisce “Slasher – Street Punk Anthems”

Dettagliata recensione del nostro album Slasher – Street Punk Anthems, a cura di BUGzine.

Grazie per le belle parole!

Vi piacciono soggetti come Michael Mayers, Jason Voohrees, Leatherface, Pinhead e tutto quel giro di ragazzi poco raccomandabili? Vi piace anche l’Oi? Se si, Slasher dei viterbesi The Unborn è il disco che fa per voi.

Come ho scritto tempo fa per il disco degli Azione Diretta, ormai non ascolto quasi più Oi. Per svariati motivi mi sono allontanato da quella scena ma ogni tanto ci sono lavori che mi fanno tornare ad apprezzare ciò che tanto amavo da adolescente, gli Unborn ci sono riusciti con Slasher, grazie a un solido concept di fondo e sfondando una porta aperta con me, grazie alla mia passione per gli horror.

Ho visto negli ultimi anni il punk chiudersi nei suoi stessi schemi, nei suoi stessi cliché, band tutte uguali e marginalizzazione di chi provava a uscire dalla gabbia, a rompere il tracciato (non è forse questo il senso più profondo del punk?), ecco che arriva alle mie orecchie questo disco. A primo impatto ammetto di aver avuto qualche pregiudizio ma poi scorrendo la tracklist non ho potuto che incuriosirmi.

I brani, infatti, sono un viaggio nella storia dell’horror: si citano maestri come Dario Argento con il pezzo Profondo Rosso (è presente anche il sonoro di una famosa scena del film, per non fare spoiler), oppure capostipiti degli slasher movie come Non Aprite Quella Porta, o ancora Videodrome del maestro del body horror Cronenberg, e tanti altri cult movie. Ma senza stare a tediarvi con una lunga lista passiamo a cosa mi ha davvero colpito di questo album.

Come dicevo poco fa, la capacità di innovarsi e ibridarsi per me è quasi sempre un segnale positivo e se si vanno ad analizzare i testi di questo album si vede come le tematiche più classiche dell’Oi siano state trasportate in un universo orrorifico e splatter, la classe operaia va all’inferno (per parafrasare un famoso film con Volontè) nella sua eterna lotta contro il capitale, le serate di birra tipiche del genere devono farsi spazio nel terrore e nel marciume, il tutto senza risultare fuori luogo o imbarazzante ma dimostrando una profonda conoscenza del cinema horror. In fondo se c’è un genere cinematografico che è politico per eccellenza forse è proprio l’horror, esempio più lampante è la figura dello Zombie di Romero, debole da solo ma forte se si unisce (com’era pure? United we stand, divided we fall).

Musicalmente rimangono ovviamente gli stilemi dello street punk con la batteria serrata e ben scandita, giri di chitarra diretti e affilati e cori a coronare il tutto, ma anche qui gli Unborn riescono a eccellere e farsi notare grazie a sfumature anni ’80 degne delle colonne sonore composte dal maestro Carpenter.

Insomma, per fortuna ogni tanto escono dischi punk degni di nota anche qui in Italia, Fulci, Bava e gli eccellenti artisti già citati sarebbero sicuramente fieri di questo album.